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C’è un problema? Non disperare, può essere un ottimo assist per un obiettivo

Pubblicato da Super User

Quanto spesso accade di trovarsi di fronte ad un problema, o meglio ad una condizione stressante?

Lo stress in letteratura è definito da Selye esser caratterizzato da due nature differenti: il distress e l’eustress.

Il Distress è lo stress negativo, quando stimoli stressanti, ossia capaci di aumentare le secrezioni ormonali, instaurano un logorio progressivo fino alla rottura delle difese psicofisiche.

L’Eustress è lo stress positivo, quando uno o più stimoli, anche di natura diversa, allenano la capacità di adattamento psicofisica individuale. L’ eustress è una forma di energia utilizzata per poter più agevolmente raggiungere un obiettivo e l’individuo ha bisogno di questi stimoli ambientali che lo spingono ad adattarsi.

 

Considerando la bidirezionalità, dinamicità e reciprocità dell’interazione persona-ambiente, la teoria di Lazarus e Folkman definisce invece come centrali proprio gli stili e le risorse di coping nel valutare un evento come stressante.

Per loro l’entità dello stress non dipende solo dalle richieste della situazione e dalle risorse di cui la persona percepisce di disporre, ma anche dalla relazione reciproca fra questi due fattori e quindi dalla valutazione e percezione soggettiva dell’evento come stressante.

L’essere umano sviluppa differenti tipologie di coping come reazione alle situazioni stressanti: la coping emotion focused, ossia la capacità di regolare internamente le emozioni negative causate dall’evento stressogeno; il coping problem focused, ovvero l’insieme di capacità messe in atto per modificare o eliminare le cause dello stress e l’evitamento quelle strategie con le quali ignorare la minaccia attraverso distrazioni o attraverso la ricerca di supporto sociale.

Per la psicologia della salute e nello specifico nel modo in cui un paziente affronta la malattia e il dolore esistono due orientamenti principali:

1. Strategie attive di coping: insieme dei tentativi di controllare il proprio dolore (magari rispettando pedissequamente le indicazioni mediche) o di mantenere un buon grado di autonomia funzionale.

2. Strategie passive di coping: il paziente lascia che siano gli altri a controllare il proprio dolore o che gestiscano le aree importanti della propria vita.

In generale il Vanderbilt Multidimensional Pain Coping Inventory elenca nove principali strategie di coping: soluzione attiva del problema, evitamento del problema, uso della religione, minimizzazione, gestione delle emozioni negative (sfogo), autocolpevolizzazione, isolamento, catastrofismo e wishful thinking (pensiero centrato sui desideri).

Personalmente ritengo, in linea con quest’ultima, che i problemi e le situazioni stressanti nascondano dei desideri e/o dei bisogni insoddisfatti, minacciati o bloccati, e l’agire su questo con l’aiuto di un esperto possa essere la strategia vincente.

E’ come quando un fiume trova di fronte a sé una diga o un blocco. E’ l’occasione per creare un nuovo corso, una nuova direzione, tornare indietro, straripare o abbattere la diga.

E’ dunque anche, tra le varie possibilità, l’occasione fertile per lo sviluppo di nuove strategie, che altrimenti nella routine quotidiana e nella perfezione trovano minore spinta.

L’occasione maggiore per lo sviluppo e l’aumento della propria motivazione al cambiamento è la sinergia tra bisogno di “andare da” ed il desiderio di “andare verso”.

E’ l’assist migliore per lo sviluppo di strategie creative e le innovazioni.

Laddove c’è un blocco c’è possibilità di cambiamento e generatività.

Per questo ritengo questa citazione di Thomas Mann particolarmente preziosa per l’essere umano: “Le avversità possono essere delle formidabili occasioni”.

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